Approfondimento: indicazioni, contro indicazioni, non indicazioni
Le indicazioni: a chi serve e a chi no
Il Training Autogeno è per tutti?
Il Training Autogeno di J. H. Schultz è una tecnica di autodistensione assai flessibile, che può essere utilizzata in tante situazioni.
Scorrendo la vasta bibliografia, sia scientifica sia divulgativa, si rimane impressionati dalle moltissime aree di applicazione del TA, e ciò può colpire positivamente, ma anche lasciare interdetti.
Tante indicazioni, infatti, potrebbero far pensare al TA come a una panacea, una di quelle metodiche che, poiché sono buone per tutto, finiscono per non essere utili ad alcunché di specifico.
In realtà non è così, e lo spiega molto bene Wallnöfer con un arguto parallelismo:
Quando le cure Kneipp (idroterapia) vengono utilizzate con successo sia per i reumatismi, sia per i dolori cardiaci, sia per la gastrite, la cosa ad un primo sguardo sembra un po’ taumaturgica. In realtà lo stimolo dell’acqua calda o fredda sulla pelle aumenta l’irrorazione sanguigna e regola, quando viene adoperato sistematicamente, il lavoro del sistema nervoso vegetativo. Poiché questo è implicato sia nella sintomatologia gastrica sia in quella dell’angina pectoris, si spiega perché con tale metodo si può migliorare o addirittura guarire una tale gamma di disturbi diversi.
La stessa cosa vale – nell’ambito somatico – per il Training Autogeno, poiché l’attenuazione della risonanza emotiva, dell’area dei sentimenti, va di pari passo con l’attenuazione della risonanza dell’area del sistema nervoso vegetativo, che svolge i suoi effetti sia nel paziente gastrico, sia nel paziente con l’infiammazione cronica della prostata o della vescica, o, ancora nella donna che soffre della cosiddetta ‘infiammazione delle ovaie’ (…). (Wallnöfer, 2008, p. 79).
Esaminiamo le indicazioni del TA, nel farlo, mi atterrò a quanto scrivono sull’argomento gli Autori più qualificati.
Nella disamina segnalerò di volta in volta in casi in cui il TA non è indicato, cioè quelle situazioni in cui, pur non essendo di per sé dannoso, non risulta utile.
Analogamente, segnalerò anche i casi in cui è controindicato, sia in senso assoluto, sia parziale.
Schultz, nelle sue opere, ha riportato numerose situazioni in cui si può impiegare il TA con buone probabilità di successo, sia in ambito psicologico che medico.
Assieme a W. Luthe, il suo più stretto collaboratore, inviava ogni anno ai cultori della tecnica in tutto il mondo un minuzioso questionario in cui si richiedevano testimonianze e arricchimenti sul lavoro clinico condotto da ciascun destinatario.
L’archiviazione delle numerosissime risposte costituiva un aggiornamento costante circa i nuovi campi di applicabilità del metodo.
I risultati di questo paziente e accurato lavoro di archiviazione di dati e di casistica clinica vennero pubblicati dagli Autori nel 1969, in due volumi: Autogenic Therapy. Applications e Psychotherapy e Autogenic Therapy. Medical Applications.
Un excursus delle indicazioni di Luthe si può trovare in lingua italiana nell’articolo di Pilla (1977).
Nell’elencare le applicazioni del TA terrò presenti principalmente l’opera di Schultz e Luthe citata sopra, e i più recenti contributi di Hoffman, Peresson, Bazzi, Giorda, Masi, Wallnöfer e De Rivera Y Revuelta.
IL Training Autogeno in situazioni non patologiche
Il Training Autogeno è indicato per chi sta già bene e vuole stare meglio.
Con l’allenamento si possono ottenere molti benefici per migliorare la qualità della vita e il benessere fisico e mentale.
I più comuni sono:
- Autosedazione
- Recupero di energie
- Modificazioni del vissuto cenestesico
- Regolazione vasomotoria
- Potenziamento delle capacità mnemoniche
- Formulazione di proponimenti
Esaminiamoli uno per uno:
Autosedazione
La prima emozionante scoperta di chi si accosta al TA è poter realizzare in pochi istanti lo stato della calma.
L’autosedazione permette infatti di smorzare la risonanza emotiva rispetto alle situazione che generano stress.
Schultz spiega che:
Le stimolazioni emotive non determinano soltanto astratte ripercussioni localizzate nella corteccia, ma provocano onde di eccitamento che coinvolgono l’organismo nella sua totalità, in ogni sistema (…). Una tecnica che permetta, a colui che ad essa si allena, di raggiungere per mezzo di una momentanea concentrazione psichica una messa a riposo di così importanti sistemi di espressione, come i muscoli, i vasi, il cuore, il respiro e persino entro certi limiti gli organi addominali, è facilmente comprensibile che possa smorzare in modo rilevante la componente somatica delle reazioni affettive” (Schultz, 1972, 188-189).
Queste possibilità rivestono grande importanza in un gran numero di situazioni della vita quotidiana, per far fronte agli effetti dello stress e per prevenirli.
Un altro vantaggio consiste nella possibilità di prendere le distanze da sé stessi e dai problemi personali:
L’autosedazione ci permette di cogliere i nostri problemi nella loro reale dimensione (…) staccarci da essi, osservarli con distacco, facendo una specie di passo indietro quasi per ammirare un ideale quadro d’autore nella sua più vera e autentica prospettiva grafica (Peresson, 1980, pag. 145).
Recupero di energie
L’esperienza clinica ha dimostrato che un periodo anche breve in cui si sperimenta la concentrazione passiva, atteggiamento mentale caratteristico del TA, porta come conseguenza un aumento oggettivabile della capacità lavorativa.
Secondo Schultz, ciò è spiegabile con la diminuzione della tensione.
Peresson cita a questo proposito i lavori di scienziati sovietici e americani sull’addestramento degli astronauti al TA, proprio nella direzione di un rapido recupero delle energie. (Peresson, op. cit.).
Modificazioni del vissuto cenestesico
Si tratta di ciò che Schultz denomina “intensificazione del vissuto sensoriale” (Schultz, op. cit., pag. 156).
In pratica, la profonda presa di coscienza del corpo, attraverso l’esperienza del TA, può provocare una amplificazione delle sensazioni cenestesiche: queste diventano più precise e più vivaci, permettendo un miglioramento delle prestazioni e intensificando la percezione delle sensazioni esterne.
Schultz, ad esempio, riporta il caso di una cantante che descrisse una modificazione positiva dell’udito, non solo relativamente alla percezione del mondo esterno, ma anche alla propria voce mentre cantava. (Schultz, op. cit.).
Regolazione vasomotoria
Per mezzo degli esercizi specifici del TA, si può indurre la percezione del calore e del fresco, provocando rispettivamente vasodilatazione e vasocostrizione.
Il vissuto del calore aumenta il rilassamento generale, diminuendo la tensione emotiva.
Schultz riporta casi in cui la pratica dell’esercizio del calore ha protetto dai rigori del clima molto freddo.
Molto conosciuto è il caso di un suo paziente che, smarritosi in montagna, si salvò dal congelamento delle estremità, praticando l’esercizio del calore, mentre attendeva i soccorsi. Al contrario i suoi compagni di sventura subirono il congelamento e l’amputazione di alcune dita.
Analogamente, ci si può difendere dal clima troppo caldo praticando esercizi atti a provocare la vasocostrizione.
Potenziamento delle capacità mnemoniche
Con l’allenamento autogeno si può migliorare la memoria.
Schultz afferma che, analogamente a ciò che avviene con il fenomeno dell’ipermnesia ipnotica, le persone allenate con il TA possono richiamare alla memoria eventi dimenticati da molto tempo.
Con il Training, inoltre, si possono migliorare le capacità di fissazione del materiale da memorizzare, migliorando in questo modo le prestazioni nello studio.
Introspezione e presa di coscienza di sé
Si tratta della possibilità di scoprire e conoscere a fondo i nostri vissuti profondi.
Questo è possibile con il Training Autogeno Superiore e con la Psicoterapia autogena.
Anche durante l’allenamento con il ciclo inferiore, tuttavia, può accadere che soggetti particolarmente sensibili e dotati di capacità meditative sperimentino vissuti di profondo contatto con sé stessi e acquisiscano più lucida consapevolezza delle problematiche profonde.
Formulazione di proponimenti
Durante lo stato mentale della concentrazione passiva, il paziente già ben allenato viene addestrato a rappresentarsi mentalmente delle formule personali rivolte ad organi specifici, oppure a comportamenti che desidera modificare.
Nel primo caso si intende agire su un determinato organo per migliorarne le condizioni o le prestazioni, ovvero per curarne eventuali affezioni.
Nel secondo caso si agisce con un procedimento analogo a quella che in ipnosi è chiamata suggestione postipnotica (Schultz, op. cit. pag. 163) ossia quegli “ordini” che si impartiscono alla persona in stato ipnotico affinché li esegua al risveglio.
In questo caso, a differenza dell’ipnosi, è il paziente stesso, e non il terapeuta, a impartire gli ordini.
Dal punto di vista psicologico si può affermare che tale procedimento comporta un vero e proprio decondizionamento e si avvicina pertanto – in parte identificandovisi – alle tecniche di terapia comportamentale.
Il ricorso alle formule di proponimento può rivelarsi efficace nel trattamento delle paure e anche delle fobie con substrato ansioso: ad esempio, timore di parlare in pubblico, o di non essere all’altezza di sostenere alcune situazioni nei rapporti interpersonali.
Sono applicabili con buona aspettativa di successo anche nell’insonnia, in alcune sindromi ossessive lievi (in questo caso il terapeuta deve evitare accuratamente che l’esercitazione dl TA diventi essa stessa un rituale ossessivo), e come coadiuvante nella terapia del tabagismo, dell’alcolismo e di altri tipi di dipendenza.
IL TRAINING AUTOGENO NELLE SITUAZIONI PATOLOGICHE
In medicina
Va tenuto presente che l’utilizzo del TA in medicina avviene all’interno di approccio globale alla persona, nella sua unità psicosomatica.
In ambito medico, con il TA si ottengono in generale buoni risultati quando alla base di una affezione vi è l’alterazione dell’equilibrio del sistema nervoso vegetativo.
Analgesia
Grazie alla possibilità di modificare il vissuto cenestesico il Training Autogeno può essere utilizzato nel controllo del dolore, come analgesico.
Tale possibilità è stata studiata e impiegata in campo medico in svariate situazioni, dagli interventi odontoiatrici alla profilassi al parto e in generale in tutte le situazioni dove occorre controllare il dolore.
I meccanismi attraverso i quali agisce sono di natura psicosomatica.
Con il TA, infatti, non è tanto il dolore in sé che si attenua, ma la reazione emotiva ad esso, allentando la morsa del circolo vizioso paura-tensione-dolore.
Regolazione vasomotoria
La regolazione vasomotoria che si può ottenere grazie alla modificazione del vissuto cenestesico è utile in medicina in diverse circostanze.
Con il vissuto del calore si può ridurre la tensione emotiva come risposta al dolore e si può intervenire con successo per sedare sensazioni dolorose, ad esempio spasmi degli organi addominali.
Anche il fresco, appreso con l’esercizio della fronte fresca, può essere impiegato per scopi terapeutici, ad esempio in caso di pruriti persistenti: in questi casi, si indirizza la vasocostrizione nell’area disturbata.
Anche nelle riniti allergiche si possono utilizzare formule specifiche di fresco per liberare le narici.
In odontoiatria, il paziente esperto di TA, può prepararsi a interventi chirurgici – ad esempio di implantologia – allenandosi a convogliare il fresco (vasocostrizione) nell’area della bocca soggetta all’intervento: in tal modo, si riduce significativamente il sanguinamento durante l’intervento.
Il Training Autogeno nei diversi apparati
Gli apparati che meglio rispondono al trattamento con il TA e che vengono pertanto comunemente trattati con esso sono:
Apparato digerente
Apparato cardiocircolatorio
Apparato respiratorio
Apparato genitale
Apparato digerente
La Comunità scientifica riconosce il ruolo determinante dei fattori psichici e dello stress nella genesi dei disturbi dell’apparato digerente. Sono disturbi talmente frequenti da essere considerati il tributo da pagare allo stile di vita della società odierna.
Si parla di disturbi cronici, come la gastrite, il colon irritabile, i disturbi funzionali della cistifellea e dei dotti biliari, la nausea, il vomito e la diarrea a eziologia psicogena.
L’evidenza clinica mostra un miglioramento o una remissione dei sintomi. Al riscontro strumentale se ne ha la conferma: ad esempio è possibile rilevare la riduzione della motilità gastrica in eccesso durante la gastroscopia, non appena il paziente inizia la sua esercitazione autogena.
Ovviamente, si tratta di esprimenti condotti con soggetti così ben allenati con il TA, da poter svolgere il proprio esercizio durante un esame sgradevole come la gastroscopia.
Vale la pena di citare anche successi ottenuti in casi di obesità, laddove le cause di questa avevano chiara origine psicogena: conflitti sessuali, regressione difensiva allo stadio di gratificazione orale, ecc. (Peresson, op. cit.).
Apparato cardiocircolatorio
Si tratta di un campo di applicazione assai delicato, dove le precauzioni da tener presenti sono evidenti. Nei soggetti portatori di disturbi cardiocircolatori, l’intervento con i Training Autogeno deve essere accuratamente vagliato e programmato, e condotto in collaborazione con un cardiologo.
Particolare circospezione deve essere messa in atto nelle cardiopatie per evitare reazioni paradosse parossistiche, soprattutto quando si fa eseguire l’esercizio del controllo del ritmo cardiaco (Esercizio del Cuore).
È doveroso rimarcare che tale esercizio rappresenta una delle rare controindicazioni del TA, precisamente – e limitatamente – alla fase acuta dell’infarto miocardico.
Va tuttavia tenuto presente che, una volta risolta la fase acuta, l’autosedazione procurata per mezzo del TA può essere molto efficace per interrompere la catena della paura che genera tensione, evenienza che frequentemente affligge questi pazienti quando temono una ricaduta.
Nella sua ultima pubblicazione, Wallnöfer dichiara che “oggi non c’è clinica di riabilitazione per pazienti cardiaci in cui il “programma standard” non preveda il TA o esercizi simili. Proprio nel gruppo dei ‘manager’, particolarmente esposto a infarti, abbiamo potuto constatare che coloro che si allenano con regolarità, anche dopo un primo infarto, hanno buone chances di guarigione” (2008, p. 82). L’Autore si riferisce alla realtà austriaca: c’è da augurarsi che l’esempio abbia seguito anche in Italia.
Risultati positivi relativamente all’apparato circolatorio si ottengono anche in alcuni casi di ipertensione arteriosa, quando i valori della pressione sistolica si normalizzano significativamente dopo alcune settimane di allenamento autogeno.
Più consistenti, infine, sono i risultati a livello di circolazione periferica, grazie alla possibilità di apportare benefiche modificazioni sulla regolazione vasomotoria.
Apparato respiratorio
I casi più frequenti di affezioni respiratorie in cui il TA può rivelarsi utile sono la rinite vasomotoria e l’asma.
Va comunque tenuto presente, qui come nel trattamento di qualunque altra classe di disturbi, l’inscindibilità dell’unità bio-psichica della persona sana.
Così, ad esempio, trattando l’asma, dobbiamo tenere in considerazione che spesso ne sono portatori pazienti ansiosi, che approdano al TA dopo aver tentato una serie di terapie rivelatesi inefficaci e sono pertanto scoraggiati.
Spesso la frustrazione rende il sintomo più penoso e addirittura lo peggiora.
All’opposto, può capitare, come annota Peresson parlando della propria esperienza clinica (Peresson, op. cit.), che pazienti che intraprendono il TA per curare un’affezione principale, scoprono con sorpresa che scompaiono altri sintomi, che non avevano considerato di importanza preponderante, molti tra questi riguardano proprio l’apparato respiratorio.
Apparato genitale
I problemi dell’apparato genitale femminile, quali la dismenorrea e la dispareunia, possono essere trattati con buone prospettive terapeutiche (sempre che la causa non sia organica, bensì psicogena).
Notevole successo si riscontra nella psicoprofilassi al parto, soprattutto con il Metodo RAT (Training Autogeno Respiratorio) messo a punto da Umberto Piscicelli.
Per quanto concerne l’apparato genitale maschile, sono riconosciute ottime prospettive nella terapia dell’impotenza psicogena.
In psicoterapia
Il Training Autogeno può essere considerato a buon diritto un metodo psicoterapeutico, se utilizzato da uno psicoterapeuta formato nella psicoterapia autogena.
Non si tratta dunque di un metodo di per sé psicoterapeutico, ma di una modalità di impiego che diventa psicoterapeutica se amministrata da persona preparata e nell’ambito di un progetto specifico.
Così si esprime Masi: “…la psicoterapia è un metodo di cura rivolto all’unità psicosomatica, mirante cioè a sanare sia i disturbi psichici, sia quelli somatofunzionali, ai primi strettamente connessi. Se ciò è esatto, possiamo dire senza incertezze che il TA possiede in massimo grado questi requisiti.” (Masi, 1987, pag. 107).
La psicoterapia autogena è breve, non comporta legami di dipendenza nei confronti del terapeuta, in circostanze selezionate è combinabile con altri approcci terapeutici e, all’occorrenza, anche con la psicofarmacoterapia (Giorda – Bazzi, 1980).
Una volta appresa la tecnica del Training Autogeno, il paziente può adattarla alle proprie esigenze personali e proseguire a utilizzarla, come stile di vita e nell’ottica della prevenzione, anche dopo la fine del rapporto con il terapeuta: una sorta di auto terapia in continuo divenire.
Nel suo livello Somatico è indicata anche per le persone di livello intellettuale e culturale modesto (Bazzi-Giorda, 1979), mentre non si può dire altrettanto per il Training Autogeno Superiore
Semplificando molto, si può affermare che il TA, nel suo ciclo inferiore, può essere inserito in un approccio terapeutico di smorzamento del sintomo, o di “copertura”, dando così al paziente sollievo immediato e migliore disposizione alla fase successiva, quando lo si guiderà alla ricerca delle ragioni profonde del sintomo stesso.
Proprio la peculiarità e la duttilità delle Tecniche Autogene Superiori ha fatto sì che la ricerca e l’esperienza terapeutica con tale metodo si sia estesa nell’ambito di diversi approcci teorici.
Attraverso le tecniche della desensibilizzazione autogena, il Training Autogeno viene utilizzato con successo in chiave cognitivo-comportamentale.
Abbiamo anche esperienze autorevoli di TAS ad orientamento analitico, a cominciare dai lavori di Wallnöfer, già allievo di Schultz.
Il Training Autogeno è utilizzato di frequente dagli psicoterapeuti ad orientamento umanistico-esistenziale. Ad esempio, è un metodo che si integra armoniosamente con la logoterapia di V. Frankl.
Per quanto riguarda le indicazioni in psicoterapia, in discorso non è né semplice né univoco.
È indiscusso quanto detto sopra a proposito delle indicazioni in situazioni non patologiche: queste, prese nel loro insieme, dimostrano che il TA rappresenta un valido presidio di prevenzione nei confronti degli effetti deleteri dello stress, nonché una pratica di igiene mentale quasi sempre gradita a chi la sperimenta.
L’ansia
In ambito psicoterapeutico, l’ansia è senza dubbio l’indicazione elettiva del TA , che è pertanto indicato e utile nelle turbe nevrotiche la cui genesi è ansiosa.
In particolare, tendono a scomparire o a migliorare sensibilmente:
I sintomi somatici di derivazione ansiosa
L’eccessivo peso (talora ossessivo) che il paziente ansioso tende ad attribuire a tali sintomi
L’alterazione del ritmo sonno-veglia: insonnia primaria o secondaria.
La sfiducia in sé stessi e il pessimismo relativamente al futuro
Il trattamento delle nevrosi d’ansia mediante il TA può essere vantaggiosamente integrato con l’introduzione di formule specifiche con obiettivo della modificazione comportamentale di cui si è detto precedentemente.
Per fare qualche esempio, la modificazione comportamentale tramite il TA è particolarmente efficace:
Nel timore di parlare in pubblico
Nel blocco emotivo in occasione di esami o prove impegnative che mettano in discussione la stima di sé
Nelle reazioni ansiose esagerate degli sportivi in occasione di competizioni (Peresson, op. cit.).
Nelle cosiddette nevrosi d’attesa, reazioni nevrotiche a causa delle quali i pazienti sono ansiosi perché temono l’ansia stessa o gli effetti che questa può provocar loro. Tipiche sintomatologie che esitano nelle modalità comportamentali dell’ansia da attesa sono quelle che investono la sfera sessuale: eiaculactio praecox, impotenza, dispareunia.
Le fobie
Per quanto riguarda le reazioni fobiche, il trattamento con il Training Autogeno è sempre indicato.
Di norma, viene associato con tecniche di decondizionamento, sia la classica terapia comportamentale, sia le tecniche di desensibilizzazione autogena.
Le nevrosi ipocondriache
Anche le nevrosi ipocondriache possono essere trattate con successo mediante il TA, nonostante l’apparente preoccupazione, rilevata anche da Schultz, che la concentrazione sul corpo possa aggravare il peso dell’attenzione nevrotica sullo stesso.
I risultati clinici sembrano dimostrare il contrario: la miglior consapevolezza del vissuto somatico ha spesso come conseguenza un miglior autocontrollo funzionale del corpo.
Le nevrosi d’angoscia
Diverso è il discorso se si prendono in considerazione le vere e proprie nevrosi d’angoscia: in questi casi i risultati terapeutici del TA sono abbastanza deludenti, mentre sembra più indicato il trattamento psicoanalitico.
Lo stesso Schultz così si esprime:
E’ ben difficile poter realizzare una buona tranquillizzazione autogena nelle nevrosi d’angoscia specifiche: l’esperienza mi ha infatti dimostrato che in tali forme, come in tutte le nevrosi gravi, è opportuno far precedere una rielaborazione della personalità per mezzo di un trattamento analitico in profondità (op. cit. pag. 233).
Le nevrosi isteriche e le nevrosi dissociative
In altre forme di nevrosi grave non vi sono prove dell’utilità del TA che, pertanto, si considera non indicato nelle reazioni isteriche e nelle reazioni dissociative.
Sia nel primo caso, soprattutto quando sono presenti i sintomi di isteria grave, o reazioni compulsive coatte, sia nelle reazioni dissociative, il TA, ancorché non indicato, può rivelarsi addirittura contro indicato.
La concentrazione sul soma, infatti, può provocare, in taluni pazienti gravemente disturbati, sensazioni di estraneità nei confronti del corpo stesso. La regolarità propria dell’allenamento autogeno, infine, può condurre il paziente ossessivo a fare dell’esercitazione del TA un rituale ossessivo.
In conclusione, in questi casi, la gravità della situazione può rendere l’eventuale trattamento con il Training Autogeno da non indicato, ossia inutile ai fini terapeutici, a contro indicato, cioè potenzialmente in grado di peggiorare il quadro clinico.
Le psicosi
Per quanto riguarda, infine, le psicosi, generalmente parlando, queste non sono trattabili con il TA.
Infatti, il contatto troppo labile con la realtà, caratteristico dei pazienti affetti da turbe psicotiche, impedisce il corretto apprendimento degli esercizi e la gestione in proprio degli stessi.
Questa generica premessa è in parte contraddetta dalla segnalazione di alcuni casi, ad esempio di schizofrenia non grave, trattati da Peresson (op. cit.), con qualche successo.
Tuttavia non mi sembrano significativi, sia per l’esiguo numero dei casi riportati, sia perché il trattamento con il TA nei casi di psicosi è sempre associato a terapia psicofarmacologica, ed è pertanto impossibile isolare gli eventuali successi ascrivibili al TA.
Personalmente, concordo sul fatto che il Training Autogeno non è indicato per i pazienti psicotici.
In conclusione, si può dunque affermare che il TA è una tecnica dalle molte indicazioni e che solo raramente è necessario sconsigliarla o, addirittura, vietarla.