Vito Sgrò è un pediatra malato di ‘mal d’Africa’. La sua malattia consiste nell’incapacità di vivere sereno nel suo paese finché in Africa – terra che ama fin da ragazzo – ci saranno bambini che muoiono di fame, di stenti, di mancanza di cure.
Così, ‘Doktor Vitto’, come lo chiamano da quelle parti, da trent’anni alterna la sua vita di medico a Roma a periodi di permanenza in Africa, al servizio dei più umili, lavorando per diverse ONG.
La storia del libro Afrika is Afrika è singolare. Quanto si trova in Africa – e solo là – Doktor Vitto scrive: “Un’avventura nata per caso, per tenermi compagnia e darmi coraggio nei momenti di difficoltà ma che presto mi ha preso la mano lasciandomi scoprire il piacere della parola scritta, della condivisione e del confronto.”
E la condivisione e il confronto passano attraverso Whatsapp: potere della tecnologia. Ogni sera Vito manda un messaggio agli amici in Italia, e sono messaggi di amore, di dolore, di vita e di morte, di nostalgia di casa.
Vito ci racconta la sua giornata, condivide con noi la gioia di aver salvato un bambino, il dolore di una morte inaspettata, l’impotenza davanti all’assurdità della guerra, che consegna ogni giorno al piccolo e malandato ospedale in cui lavora persone martoriate nel corpo e nell’anima.
I racconti di Vito entrano nelle nostre vite, alla fine di giornate che magari ci erano sembrate faticose o difficili, e ci costringono a rimettere tutto in discussione, a cambiare il punto di osservazione delle nostre stesse vite e a ridimensionare le nostre preoccupazioni.
Leggendoli, mi chiedo spesso che cosa spinga un medico affermato e molto amato dai suoi pazienti a lasciare il suo studio, il bel quartiere dove la vita è gradevole, i figli, gli affetti più cari, per trascorrere lunghi periodi dove le condizioni di vita sono estreme a dir poco.
E mi chiedo anche come faccia a sdoppiarsi: quando è costretto a decidere a chi dare (e a chi negare) l’ultimo pasto proteico, dovendo scegliere il più grave tra tanti bambini provati dagli stenti. E quanto, sempre lui, nel suo studio romano, ascolta pazientemente la mamma che si lamenta perché il suo bambino le sembra inappetente.
Forse una risposta non c’è, o forse Vito la sta ancora cercando ed è insita nel senso della vita, della morte e della professione. Lui di sicuro dà significato ai suoi giorni.
Grazie, Vito per la tua testimonianza. Quando tornerai in Africa, e sarà presto, non dimenticare che noi aspettiamo i tuoi messaggi.