Affamati d’amore

Affamati d’amore

Ti guardi allo specchio, ma non vedi il tuo corpo come è davvero. 

Dispercezione, la chiamano gli esperti. Vedi troppa pancia, le cosce ti sembrano grosse, i fianchi abbondanti: pesi meno di 40 chili.

Sono i segnali dell’anoressia, un disturbo alimentare come la bulimia e il binge eating, solo per citare i più diffusi.

Come ti accorgi di soffrirne?

All’inizio lo neghi, la difficoltà maggiore è prendere atto di avere un problema.

A nulla valgono gli avvertimenti di medici, familiari e amici, non ti senti malata o malato.

Poi, un giorno, ti vedi per davvero.

A Fiorenza Sarzanini è successo riguardando le fotografie della sua vacanza in Grecia con i familiari.

«E quella chi è?»
«Sei tu.»
«Dai, sul serio, chi è quella?»
«Sei tu.»
Non è possibile, mi stanno prendendo in giro. Quella ragazza sta male, è uno stecco. Ha l’occhio spento, sta al mare ma è pallida. Ha i capelli lunghi, effettivamente mi assomiglia. Però come fanno a dire che sono io, ma non lo vedono che siamo diverse? Come fanno a non accorgersene?

Perché succede? E perché questi disturbi sono aumentati in maniera significativa nei mesi del lockdown?

Fiorenza Sarzanini, giornalista, vicedirettore del Corriere della Sera, fa il punto sulla situazione con il suo ultimo libro Affamati d’amore.

Sarzanini è sensibile all’argomento, avendo lei stessa sofferto di anoressia da ragazza, e, proprio con questa “credenziale”, riesce a entrare in empatia con i giovani che intervista.

Con il suo libro non vuole suggerire facili ricette di guarigione, né pretende di indicare le cause di un disagio così complesso.

Prende atto della consistenza del fenomeno e, partendo dalla sua storia personale, racconta quella di ragazzi e ragazze che stanno facendo del proprio meglio per salvarsi.

Attraverso i racconti dei giovani che intervista, ci mostra le tante declinazioni del disturbo alimentare.

C’è chi smette di mangiare, fino a sparire, come Simona, “affamata d’amore” che ha vissuto tante vicissitudini dolorose: la morte della madre, la depressione della sorella, il terremoto della città dove vive, L’Aquila.

È affamata d’amore, Simona, come tutti coloro che hanno un disturbo alimentare. Perché sono mille le cause scatenanti, spesso non si riesce a individuarle. Ma c’è un dettaglio che accomuna tutti coloro che si ammalano: aver bisogno di affetto, di attenzioni. Sentirsi trascurati non è ammissibile, la ricerca di conferme diventa ossessiva.

Matteo soffre di vigoressia, l’eccessiva preoccupazione per il tono muscolare e gli allenamenti estenuanti e ossessivi per mantenerlo.

Corsa, bicicletta, arti marziali, palestra: ore e ore di sport ogni giorno, all’alba o di notte, in ogni momento libero. Con un unico obiettivo: compensare anche le pochissime calorie ingerite.

Quando stava per perdere la sua famiglia, la moglie e i bambini, ha accettato il ricovero.

Sul versante opposto del disagio, c’è Paolo, 290 chili:

Il suo non è più un corpo, è come un enorme lenzuolo che si porta addosso e pende di qua e di là, ondeggia. Lì sotto, da qualche parte, c’è un ragazzo di diciannove anni che grida aiuto, che sogna di prendere la patente, di poter guidare un’auto, di andare lontano da dove è cresciuto.

Marilù cerca la perfezione. È bravissima a scuola, ma quando all’Università scopre di non riuscire a prendere tutti 30, smette di mangiare.

Così ho iniziato a mangiare sempre meno, quello mi riusciva bene. In fondo era sempre una faccenda di numeri: i trenta sul libretto universitario che non riuscivo a ottenere diventavano i grammi di pasta che mi concedevo.

Le strutture per accogliere e curare questi giovani ci sono, anche se meno numerose rispetto ai tanti che ne avrebbero bisogno.

Sono gli “ospedali a forma di casa”, dove ragazzi e ragazze rimettono assieme i pezzi delle loro vite, assistiti da psichiatri, psicoterapeuti, esperti di alimentazione, e si impegnano in percorsi lunghi e faticosi.

I giovani intervistati da Fiorenza Sarzanini sono ancora in cammino, è importante ricordare loro di non sentirsi “guariti” troppo presto, poiché il rischio della ricaduta è elevato.

È un percorso lungo e doloroso, una strada che devi scegliere consapevole che potrai fare un passo avanti e dieci indietro. Potrai cadere e dovrai cercare la forza di rialzarti, dovrai lottare convinta che la sconfitta non è ammessa. Soltanto in quel momento riuscirai a vedere la porta dell’uscita.

 

Fiorenza Sarzanini
Affamati d’amore
Solferino, 2022

102 chili sull’anima

102 chili sull’anima

È possibile perdere 40 chili in un anno e rinascere a  nuova vita?

Francesca Sanzo lo ha fatto a quarant’anni.

Con 102 chili sull’anima, La storia di una donna e della sua muta per uscire dall’obesità, Francesca condivide la sua esperienza e testimonia che cambiare è possibile se  lo si vuole davvero.

In un silenzioso crescendo, mese dopo mese, mentre gli anni passano, Francesca aumenta di peso e la consapevolezza arriva quando la bilancia mostra tre cifre: 102 chili. Inizia così il processo che Francesca chiama “muta”, una trasformazione assai più profonda del semplice intraprendere una dieta.

Oggi Francesca è una donna realizzata, bella, sportiva, e pesa 60 chili.

Quali sono gli elementi che hanno reso possibile un cambiamento così radicale? Proviamo a individuali attraverso la storia di Francesca.

Anzitutto, la consapevolezza. Solo se prendiamo coscienza del nostro disagio possiamo risolverlo, e non serve che gli altri ce lo rimarchino. Non si cambia per obbedire a ingiunzioni esterne (ti stai facendo del male, fallo per me…). La consapevolezza che è giunto il momento di dare una svolta viene quando abbiamo toccato un fondo che solo noi sappiamo riconoscere.

Per trovare la forza di cambiare, è necessario comprendere le ragioni del nostro malessere, attraverso una profonda autoanalisi. Possiamo smettere di agire contro noi stessi se comprendiamo perché lo facciamo. Francesca ha dialogato con se stessa e fatto pace con la sua “anima nera”, quella parte di sé che remava contro il suo benessere.

Si è posta la domanda “Perché mangio?” e ha scoperto che le risposte sono molteplici e non tutte sane, così ha cercato e trovato nuove risposte a vecchie domande. Oggi, di sicuro, mangia per un reale e sano bisogno, e ciò comporta che la quantità e la qualità del nutrimento siano adeguate a esigenze corrette.

L’essere umano ha bisogno di significato. Francesca ha saputo trovare significati profondi in tutte le scelte legate alla sua muta: il significato ultimo è certamente la conquista di una donna equilibrata, non più soffocata dai condizionamenti del passato, ma Francesca ha dato un senso anche a tanti singoli passaggi del percorso. Un esempio per tutti: nel suo programma di recupero del benessere psicofisico c’è la corsa, a cui si dedica tre volte a settimana. Lei ha trovato il modo di dare alla corsa un ulteriore significato, correndo anche per raccogliere fondi a favore di un ente benefico.

La disposizione mentale positiva. La psicologia ci insegna che le profezie si auto avverano: se crediamo che i nostri sforzi saranno premiati, inseriamo quella marcia in più che ci permette di ottenere il risultato. Al contrario, se consideriamo il nostro percorso come lastricato di lacrime e sangue, difficilmente riusciremo a farcela.

Francesca ha ben compreso che tante diete falliscono, sebbene siano state intraprese con serietà e portate avanti con costanza, perché vengono intese come una punizione della quale di agogna la fine. La muta, invece, non è una punizione, ma una trasformazione, preziosa come il significato stesso della vita.

La molla: sappiamo bene di dover far qualcosa per migliorare la nostra vita, ma cambiare ci sembra troppo difficile e troviamo mille scuse per rimandare. Poi accade qualcosa di apparentemente poco rilevante e scatta la molla.  Per Francesca non sono stati i commenti poco gradevoli delle persone insensibili, né la consapevolezza di danneggiare la sua salute, ma … il camper. Al momento in cui, assieme al suo compagno e alla loro bambina, ha deciso di acquistare un camper, ha aperto gli occhi su una realtà molto dolorosa: i suoi 102 chili erano assai poco compatibili con lo stile di vita libero e avventuroso che le vacanze in camper comportano.

Porsi obiettivi intermedi. Quando l’obiettivo è molto arduo, piuttosto che guardare alla fine del traguardo, è più utile puntare a una serie di obiettivi intermedi. Francesca si è posta come obiettivo arrivare a pesare 80 chili, fare qualche passeggiata a piedi, e poi qualche breve tratto di corsa, migliorare l’asma che l’affliggeva: oggi pesa 60 chili e corre la mezza maratona, con buona pace del medico sportivo!

La condivisione: Francesca scrive per professione, è una blogger e consulente  di comunicazione on line, per lei è stato quasi naturale condividere il suo percorso in rete sul suo blog Panzallaria. L’impatto è stato stimolante: ha riscosso simpatia e ammirazione, ha ricevuto incoraggiamenti, e il rinforzo positivo che ne è derivato l’ha aiutata a non mollare, non solo per se stessa, ma anche per i molti che dimostravano di credere in lei e di prenderla a esempio.

Last but not least, l’amore. I cambiamenti più significativi sono mossi dall’amore, di noi stessi, anzitutto, ma anche di chi abbiamo a fianco nel percorso di vita. Il compagno di Francesca ha condiviso tutti i passaggi della muta, con amore, nel giusto equilibrio tra presenza e discrezione, e credo che la sua presenza sia stata determinante.  

Francesca Sanzo non elargisce consigli, né pretende di sostituirsi a un professionista. Con umiltà e lucidità ci racconta qual è stato il suo personale percorso verso il cambiamento e chi leggerà il libro comprenderà che il messaggio dell’Autrice è applicabile a qualsiasi muta.

Rimarrà deluso, invece, chi cercherà ricette e suggerimenti per dimagrire in fretta e senza sforzo: 102 chili sull’anima non parla di diete, ma di cambiamento: è la storia di dodici mesi di un percorso destinato a non terminare mai, perché la ricerca dell’equilibrio e della realizzazione personale è lunga quanto la nostra stessa vita.

Francesca Sanzo, 102 chili sull’anima, Giraldi Editore, 2015.